Il “posto fisso” nella pubblica amministrazione non è più “mitico”. La ricerca della Cisl Fp Lombardia

Il “posto fisso” nella pubblica amministrazione non è più “mitico”. La ricerca della Cisl Fp Lombardia

ll mitico (o agognato) “posto fisso” nel pubblico impiego non è più così mitico, anzi è ormai diventato una sorta di “piano b”. Stipendi bassi, stress, carriere ferme, contratti che non si rinnovano per anni, aggressioni fisiche e verbali, scarso riconoscimento del merito, cattiva considerazione sociale: questi sono i principali motivi che rendono poco attrattivo lavorare per un ente locale, un ministero, un presidio ospedaliero o in un’altra diramazione della pubblica amministrazione. Non a caso l’età media dei dipendenti è di quasi 52 anni, segno di un ricambio generazionale che non c’è e di un comparto che sta invecchiando. Oggi probabilmente anche l’impiegato dell’Ufficio provinciale caccia e pesca interpretato da Checco Zalone nel film “Quo vado?” potrebbe essere tentato di cambiare lavoro.

A rivelarlo è una ricerca promossa dalla Cisl FP Lombardia e realizzata da BiblioLavoro (il Centro studi regionale del sindacato), nell’ambito di una campagna di ascolto intitolata “I Care” che ha coinvolto circa 15 mila iscritti. I dati sono stati elaborati attraverso un questionario compilato da un campione di oltre 1.000 persone.
“I dati della ricerca della Cisl Lombardia confermano ciò che raccogliamo ogni giorno nei luoghi di lavoro: un disagio profondo, che nasce da stipendi inadeguati, carichi di lavoro spesso insostenibili e sistemi di valorizzazione insussistenti – spiega Nunzio Praticò, segretario generale Cisl dei Laghi -. Come Cisl Fp dei Laghi, siamo impegnati a tutti i livelli, anche in occasione delle RSU, per rivendicare il rinnovo dei contratti, più tutele per chi subisce aggressioni, soprattutto nel settore sanitario, e percorsi di crescita reale per tutte le lavoratrici e i lavoratori pubblici, a partire dagli enti territoriali. Vogliamo un lavoro pubblico che torni ad essere scelto, non un ripiego in attesa d’altro”.

“Lo scenario evidenziato dalla ricerca – spiega la segretaria generale della Cisl FP Lombardia, Angela Cremaschini – è preoccupante. C’è un’insoddisfazione crescente, a partire dai salari: con il blocco contrattuale del periodo 2010-2019 il potere d’acquisto nel pubblico impiego è calato del 16% rispetto al privato. Per questo siamo convinti che sia più che mai necessario rinnovare i contratti scaduti: le risorse per farlo ci sono e sono già state stanziate. Permangono anche problemi di organizzazione, di carenza di organici e di carichi di lavoro stressanti, a dispetto dell’immagine stereotipata e profondamente ingiusta che vede il dipendente pubblico come un privilegiato. C’è poi il tema della tutela contro le aggressioni, soprattutto in ambito sanitario. Nel contratto non siglato della sanità avevamo introdotto il supporto psicologico per le vittime, oltre alla costituzione dell’ente come parte civile nei processi: non si possono lasciare sole le persone che, mentre lavorano subiscono atti di violenza. Purtroppo, il lavoro pubblico non è più un’aspirazione, ma un ripiego”.

Il dipendente pubblico: “maturo” e istruito
L’età media del campione è di 51,8 anni, solo il 10% ha meno di 39 anni, il 62,5% sono donne, il 45,4% è laureato, il 41,4% ha un diploma di scuola superiore. Oltre il 50% opera nella sanità, la restante metà si distribuisce fra “funzioni locali” (Comuni prevalentemente) e “funzioni centrali” (Enti pubblici non economici, Ministeri, Agenzie…). Più di 6 intervistati su dieci hanno un’anzianità di servizio superiore a 20 anni. Il 28% lavora su turni, il 31% ha figli minorenni, il 35% è caregiver di famigliari anziani.

Pubblico impiego: perché non attrae?
Tra i principali fattori che “scoraggiano le persone ad avvicinarsi alle professioni del pubblico” ci sono la “Retribuzione insufficiente rispetto al costo della vita” (83,2%), le “Poche opportunità di crescita professionale e avanzamento di carriera” (55,2%), la “Mancanza di valorizzazione e riconoscimento del lavoro svolto” (51,5%), l’”Ambiente di lavoro stressante o poco motivante” (34,9%), l’”Eccessiva burocrazia” (30,5%), la “Percezione negativa del lavoro pubblico da parte della società” (23,5%).

Stress lavoro-correlato: un problema rilevante per 6 addetti su dieci
Il 60% si sente “spesso o sempre” stressato: a soffrire maggiormente sono le donne, il personale sanitario e i lavoratori su turni. Lo stress per il 50,5% è causato dal carico di lavoro eccessivo, per il 42,6% dalle carenze di organico, per il 28,3% dal comportamento degli utenti. Il 12% lamenta problemi di sicurezza (aggressioni), un dato accentuato fra chi lavora nella sanità. Circa 7 lavoratori su dieci sostengono di non ricevere alcun supporto per la gestione dello stress dalla struttura in cui operano (dirigenti e politici). Lo stress influisce negativamente sul bilanciamento vita-lavoro (93,4%), determina problemi fisici e disagio psicologico (92%), provoca demotivazione e insoddisfazione (88,4%) e isolamento (83,1%).

Insoddisfazione lavorativa: poche possibilità di carriera
Il grado di insoddisfazione è elevato. A pesare sono soprattutto le scarse opportunità di carriera (80,6%), il mancato riconoscimento del merito (78,7%), il poco supporto e le modeste risorse a disposizione per il lavoro (74,5%), il basso livello dello stipendio (71,5%). La frustrazione cresce soprattutto tra i lavoratori del settore sanitario, a causa dei turni estenuanti, delle aggressioni verbali e fisiche da parte dell’utenza e da un senso di insicurezza costante.

Organizzazione del lavoro inefficace, manca personale, uffici inadeguati
Oltre 6 intervistati su 10 reputano l’organizzazione del lavoro non efficace. I problemi principali riguardano la carenza di personale (40,8%), il poco supporto da parte della dirigenza (36,6%), la mancanza di comunicazione interna (36,5%), l’eccessiva burocratizzazione (36,4%). Il 46,5% ritiene “inadeguate” le condizioni fisiche del luogo di lavoro, un dato che sale al 58,4% fra gli addetti della sanità. In generale un intervistato su 3 si lamenta per le “attrezzature informatiche obsolete”, la “scarsa pulizia”, la “manutenzione scarsa”, gli “spazi insufficienti”.

Trovate QUI il dettaglio della ricerca