“Dall’Io al Noi: una comunità che riflette”: l’intervento di Elisa di Marco a Lurate Caccivio
ELISA DI MARCO AL CONVEGNO PROMOSSO A LURATE CACCIVIO
DALLA COMUNITA’ PASTORALE S. AMBROGIO
Un’ottantina di persone hanno partecipato, oggi, 5 settembre, al convegno, promosso dalla Comunità Pastorale St. Ambrogio e Carlo di Lurate Caccivio, dal titolo: “Dall’io al noi, una comunità che riflette”.
“Un anno così particolare – hanno spiegato i promotori nel motivare l’iniziativa – e una ripresa così piena di incognite hanno bisogno di una sosta pensosa nella quale la comunità cristiana si mette in ascolto, insieme ad altre realtà del territorio, di quanto ci viene suggerito per servire meglio la gente, le persone fragili, i giovani”. Da qui la decisione di invitare figure che offrissero spunti interessanti di riflessione, sia in termini di rielaborazione del passato trascorso, sia dentro una chiave prospettica. Sul tavolo dei relatori, accanto a mons. Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura e la Carità della diocesi di Milano, nonché presidente di Caritas Ambrosiana, c’era anche la “nostra” Elisa Di Marco, segretaria territoriale della Cisl dei Laghi, chiamata a riflettere sul tema “Un territorio che muta”. Ha moderato l’incontro Chiara Grossi, vice presidente dell’Azione Cattolica Ambrosiana.
«Con il mio intervento – spiega Elisa – ho cercato di affrontare il tema del cambiamento economico e della crisi fortissima che i territori di Como e Varese hanno dovuto affrontare a causa del Covid. Quale lezione ha insegnato questa emergenza? Io credo che ci abbia insegnato che dobbiamo convivere in un contesto di continua precarietà e di scarsa certezza del futuro, ci ha scoperto nella nostra fragilità e nella nostra debolezza. Ci ha dato anche una lezione di vita e ci ha fatto comprendere che se affrontiamo queste emergenze in modo corale e solidale, possiamo riscoprirci meno vulnerabili e ritrovare fiducia nelle istituzioni e forza nel comune senso di responsabilità e di cittadinanza. Ci ha fatto comprendere che dobbiamo ricostruire il nostro Paese dando voce alle sue competenze scientifiche tecnologiche sociali ed economiche. Abbiamo capito che se vogliamo ripartire dobbiamo rimettere al centro la persona e il lavoro».
Come valorizzare questa esperienza per il futuro? «Credo sia necessario rivedere il nostro sistema economico e sociale e dare un taglio ad una visione dell’economia iperliberista, nelle mani della finanza e della speculazione, che in questi anni ha messo in primo piano solo il profitto a discapito del lavoro e dello sviluppo. Bisogna puntare ad un’economia di mercato che sappia conciliare capitale e lavoro, che punti alla distribuzione equa della ricchezza tenendo presenti come linee guida d’azione la sostenibilità ambientale e sociale, la dignità della persona e del lavoro in un’ottica di valorizzazione. Occorrerà andare oltre i sostegni passivi e rafforzare il nostro capitale umano, investendo sull’innovazione; spendere al meglio ed in maniera intelligente le risorse fornite dai fondi europei e dal Decreto rilancio di agosto; colmare le lacune che abbiamo nell’ambito dell’alfabetizzazione digitale; promuovere un aggiornamento continuo; investire seriamente nei percorsi di alternanza scuola-lavoro per rendere fluido il passaggio fra formazione e lavoro»
«Sono almeno due i fronti sui quali si potrebbe agire – continua Elisa – il primo riguarda la riqualificazione professionale dei lavoratori, approfittando delle ore di non lavoro per l’aggiornamento delle proprie competenze a partire da un piano di acquisizione di competenze digitali che metta tutti nelle condizioni di saper dialogare con le nuove tecnologie. La seconda priorità deve essere quella di prestare attenzione a donne e giovani, tra le categorie che stanno pagando di più questa prima fase di crisi economica, il tasso di occupazione è infatti calato maggiormente proprio nella fascia 25 -34 anni».
«Occorre anche fare una riflessione – conclude Elisa – sul lavoro agile/smart working e in futuro promuovere accordi di contrattazione aziendale che pongano e definiscano chiare condizioni di applicazione, perché diventi davvero strumento di competitività aziendale e di autonomia reale dei lavoratori e delle lavoratrici, nell’ottica di una nuova organizzazione aziendale e non sia una condizione peggiorativa degli stili di vita e di lavoro».