Servizio Sanitario in Lombardia. Cosa ne pensano gli iscritti alla Cisl

Servizio Sanitario in Lombardia. Cosa ne pensano gli iscritti alla Cisl

6 iscritti alla Cisl su 10 rinunciano alle cure. La ragione? I tempi di attesa. Lo rivela l’indagine condotta tra gli iscritti da BibioLavoro, il centro studi del sindacato. “Servizio Sanitario in Lombardia” il titolo della ricerca, presentata la scorsa settimana a Milano da Francesco Girolimetto, direttore di BiblioLavoro. Presente anche l’assessore al Welfare di Regione Lombardia Guido Bertolaso.

Il campione
La raccolta dei dati è avvenuta attraverso l’invio di una survey digitale ad un campione rappresentativo del bacino associativo della Cisl lombarda a cui è stato recapitato il questionario attraverso mail o sms. La campagna di somministrazione ha raccolto 14.694 risposte, di cui 11.520 complete. All’interno del campione le risposte pervenute dalla provincia di Como sono state il 6,8%, l’8,8% quelle dalla provincia di Varese. Oltre metà del campione (51,6%) ha dichiarato un reddito complessivo netto familiare compreso tra i 15.000€ ed i 30.000€. Circa il 10% dei rispondenti ha dichiarato redditi familiari inferiori ai 15.000€.
Il 48,45% del campione vive in nuclei composti da meno di 3 persone, di cui circa un terzo sono nuclei unipersonali.

La rinuncia alle cure
Come detto, oltre sei rispondenti su dieci hanno rinunciato (“qualche volta” o “spesso”) nel corso dell’ultimo anno alle cure. Solo un intervistato su cinque con redditi oltre i 50.000€, a fronte della rinuncia a curarsi di due rispondenti su tre in famiglie con redditi inferiori a 15.000€. I lunghi tempi d’attesa sono stati il motivo più frequente della rinuncia (specie tra i rispondenti fino a 55 anni di età, e meno presente tra gli anziani). Quasi un intervistato su due ha rinunciato alle cure per ragioni economiche e oltre quattro su dieci per ragioni legate alla scomodità fisica o organizzativa delle strutture sanitarie.
Analizzando i motivi della rinuncia alle cure distribuiti per provincia, a Como il 38,2% lo ha fatto per ragioni economiche, il 67,2% a causa dei lunghi tempi di attesa e il 45,8% a causa della scomodità della struttura.

Le prestazioni sanitarie (visite e/o esami) tra pubblico e privato
Otto intervistati su dieci hanno effettuato nell’ultimo anno almeno una visita specialistica. Sei visite ambulatoriali su dieci sono state erogate in strutture private. Oltre la metà degli intervistati ha usufruito di viste specialistiche a pagamento. Fra quanti hanno fatto prestazioni ambulatoriali a pagamento, otto su dieci si sono avvalsi di strutture private (solo private o private convenzionate), la restante parte ha usufruito di prestazioni in libera professione (a pagamento) nelle strutture pubbliche. Analogamente, tra chi ha effettuato almeno un esame nel 2023, uno su tre si è rivolto a strutture private convenzionate con il Servizio Sanitario e quasi uno su quattro ha svolto esami in strutture private. Complessivamente, fra quanti hanno fatto prestazioni di diagnostica strumentale a pagamento più di otto su dieci sono ricorsi a strutture private. Soffermandosi sulle motivazioni che hanno portato a scegliere di fruire delle prestazioni a pagamento il 71,7% dei comaschi che hanno preso parte all’indagine e il 76,2% dei varesini lo ha fatto per la garanzia di tempi di attesa più brevi.

Prossimità dei servizi
Oltre sei intervistati (62%) su dieci hanno effettuato degli esami nel 2023 (Fig. 26). Gli esami sono stati svolti nella provincia di residenza nell’85,6% dei casi, mentre per il 13,4% sono stati svolti fuori provincia e per l’1% fuori regione. Gli esami sono stati effettuati fuori provincia di residenza soprattutto nelle province di Lodi (26,8%), Monza e Brianza (25,1%) e Como (23,5%). Per quanto riguarda Varese è uscito dalla provincia solo il 13,8% del campione.

Tipologia degli esami.
Gli esami più frequenti sono stati: l’ecografia (19,7%), la risonanza magnetica (14%), la mammografia (10%), l’ECG (8%) e gli esami radiologici (7,6%).

I ricoveri
I ricoveri hanno interessato poco più del 10% degli intervistati. Hanno riguardato, per il 70,7% dei casi l’area chirurgica, per il 20,9% medica, per il 5% l’area oncologica e nel 3,3% dei casi si è trattato di ricoveri riabilitativi. Sette ricoveri su dieci sono stati fruiti in strutture pubbliche. I ricoveri in struttura privata convenzionata in regime di SSN sono stati il 24,7%, il 4,5% sono stati ricoveri a pagamento in struttura privata. Rispetto alle sedi dove sono stati effettuati: per quanto riguarda Como il 33,3% è avvenuto fuori provincia, per Varese il 31,8%. In riferimento giudizio espresso sul ricovero, in un voto a 1 a 10, i comaschi votano 5,8 i tempi di attesa (6,2 i varesini), 7,1 la qualità della prestazione professionale (7,8 Varese), 8,3 l’adeguatezza della struttura (7,6 Varese) e 7,6 la capacità di relazione del personale (7,3 Varese).

I tempi d’attesa (visite, esami, ricoveri)
Il tempo massimo d’attesa previsto dal codice di priorità indicato nell’impegnativa dal medico non è stato rispettato in quasi la metà delle visite di specialistica ambulatoriale con priorità U (urgente); per le altre priorità B (breve) e D (differibile) il mancato rispetto del tempo d’attesa è stato superiore nel 40% dei casi. I tempi massimi d’attesa nel 44,5% degli esami indicati come urgenti non sono stati rispettati. Per gli esami con priorità di 10 giorni e per quelli con priorità di 60 giorni, l’erogazione è stata successiva, rispettivamente, nel 40,3% e nel 18,0% dei casi. Nei ricoveri programmati il 74,5% ha rispettato le classi di priorità, uno su quattro no. Il tempo d’attesa in Pronto soccorso tra la presa in carico del paziente e il ricovero in reparto è stato in media di otto ore, con picchi fino a 48 ore.

La cronicità e le cure domiciliari
Più della metà degli intervistati ha almeno una patologia cronica. Un intervistato su cinque ha due o più cronicità. Tra i pazienti con malattie croniche, la rinuncia alle cure è numerosa: circa una persona su due ha rinunciato a curarsi per scomodità delle strutture o per ragioni economiche, mentre due persone su tre hanno rinunciato a causa dei tempi di attesa. Hanno fatto ricorso a misure di assistenza domiciliare integrata il 7,2% degli intervistati: di questi, nove su dieci hanno attivato l’ADI per un familiare. Solo il 2,1% dei soggetti con 3 o più patologie croniche ha dichiarato di aver attivato l’assistenza domiciliare. L’assistenza domiciliare è stata prevalentemente attivata attraverso il medico di famiglia in più di sette casi su dieci, nel resto dei casi si è trattato di una dimissione protetta all’esito di un ricovero. I giudizi degli intervistati che hanno usufruito di un percorso di cure domiciliari, pur essendo nell’insieme piuttosto positivi, sono critici riguardo ai tempi di attesa.

«Il dialogo costante con i nostri iscritti è la linfa vitale che alimenta il nostro sindacato – commenta Fabio Nava, segretario generale aggiunto CISL Lombardia -. Un confronto continuo che ci permette di costruire un’organizzazione che vuole mettere le persone al centro, rappresentandole e tutelandole con la massima efficacia, partendo proprio dal loro attento ascolto. Negli ultimi anni, dai diversi territori lombardi abbiamo ricevuto numerose segnalazioni e richieste relative al tema della sanità. La gente ne parla, le persone ne parlano, e in questo continuo parlarne ognuno costruisce una propria opinione, un proprio punto di vista, un proprio schema di priorità e necessità. Le liste d’attesa, in particolare, sono emerse come una delle criticità più sentite dai cittadini. Per questo, forti delle esperienze passate, ci siamo convinti della necessità di utilizzare lo strumento della survey on line per raccogliere in maniera strutturata le valutazioni degli iscritti della Cisl Lombardia».
«L’indagine ci ha permesso di ottenere un quadro chiaro e strutturato delle criticità vissute dai nostri iscritti, fornendoci dati concreti e attendibili da utilizzare durante i confronti ai tavoli regionali dandoci la possibilità di formulare proposte sindacali concrete e incisive – aggiunge Roberta Vaia, segretaria regionale CISL Lombardia – La risposta dei nostri iscritti è stata, come sempre, straordinaria. Ben 11.520 associati hanno partecipato alla survey, garantendo un’analisi dettagliata delle problematiche legate all’accesso alle cure sanitarie in Lombardia. I dati raccolti evidenziano rinunce alle cure a causa di tempi di attesa troppo lunghi, difficolta nell’accesso a visite specialistiche, esami diagnostici e ricoveri oltre a carenze nell’assistenza domiciliare integrata. Questi dati rappresentano un patrimonio prezioso per il nostro sindacato. Li utilizzeremo con forza per portare avanti le nostre proposte a favore di un sistema sanitario lombardo più efficiente, equo e accessibile a tutti i cittadini. L’impegno della CISL Lombardia per la tutela del diritto alla salute non si ferma qui. Anche perché, quando la risposta del Servizio Sanitario ai bisogni di salute non garantisce a tutti che i tempi d’attesa della presa in carico siano adeguati al migliore esito clinico del percorso di cura, la scelta del luogo e dei professionisti sanitari da parte delle persone non può essere considerata libera. Infatti, la principale motivazione che ha spinto gli intervistati a preferire prestazioni a pagamento non è stata la libera scelta sul «dove» e «da chi» farsi curare, ma una scelta “obbligata”. Continueremo quindi a monitorare la situazione con attenzione e a promuovere iniziative concrete per migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria in Lombardia”.

Trovate QUI il rapporto completo.