«Al lavoro frontaliero servono certezze non colpi di mano: convocare subito il tavolo interministeriale previsto dalla legge 83/23». Le richieste dei responsabili nazionali frontalieri di Cgil, Cisl e Uil

«Al lavoro frontaliero servono certezze non colpi di mano: convocare subito il tavolo interministeriale previsto dalla legge 83/23». Le richieste dei responsabili nazionali frontalieri di Cgil, Cisl e Uil

«Il tema della tutela del lavoratore frontaliere torna, ultimamente troppo spesso, alla ribalta generando preoccupazioni e malumori» afferma Marco Contessa, responsabile Nazionale dei Frontalieri per la Cisl. «La tassa sulla sanità approvata nella finanziaria, l’ipotesi di una revisione dello status di frontaliere, la limitazione del riconoscimento dei benefici fiscali in caso di telelavoro al 25% sono solo alcuni dei temi sui quali oggi il confronto è necessario riaprire quanto prima con il Governo – continua Contessa -. È pertanto necessario che quanto prima si convochi il tavolo interministeriale appositamente istituito dalla Legge 82/2023 nel quale ricondurre ogni iniziativa sulla regolamentazione del lavoro oltre frontiera».


Di seguito la nota a firma dei responsabili nazionali dei frontalieri: Giuseppe Augurusa (Cgil), Marco Contessa (Cisl) e Pancrazio Raimondo (Uil).
Con l’approvazione della legge di bilancio 2024 Governo e Parlamento hanno introdotto una nuova tassa sul lavoro frontaliero per i nostri concittadini verso la Svizzera nelle intenzioni, volta a finanziare un maggior salario ai lavoratori della Sanità nelle aree di confine. Una tassa che colpisce tutti i nostri concittadini frontalieri che lavorano in Svizzera ante 16/7/2023. Un nuovo balzello a soli pochi mesi dall’entrata in vigore della legge 83 del 13/6/23 con la quale si concludeva, con un accordo tra le parti ed a seguito del recepimento del trattato internazionale tra i due paesi, una lunga discussione sull’imposizione fiscale dei frontalieri modificando strutturalmente, per i nuovi rapporti di lavoro, le regole fiscali in vigore fin dagli anni settanta.
A nulla sono valse le nostre richieste di stralcio – fatte unitariamente ai sindacati svizzeri UNIA e OCST- fin dal mese di ottobre di un provvedimento iniquo, ingiustificato ed intempestivo e, verosimilmente, illegittimo.
Iniquo perché basato sul presupposto sbagliato: i frontalieri sono contribuenti indiretti nazionali attraverso i ristorni fiscali pari al 40% di quanto versato alla fonte in Svizzera. Non può essere attribuita ai lavoratori la scelta della destinazione di quelle risorse, se alla fiscalità generale, se al sistema sanitario, se alle spese correnti o per investimento dei Comuni di frontiera;
Ingiustificato perché in contraddizione con quanto lo stesso Ministero della Salute ha sempre sostenuto (e ribadito con apposita circolare agli assessorati regionali alla sanità del 8 marzo 2016), quale ragione stessa dell’erogazione della SSN ai frontalieri fiscali (dentro la fascia dei 20 km dal confine svizzero) che hanno optato per la sanita nazionale.
Intempestivo perché giunge a valle di un accordo fiscale appena convertito in legge che tutela il lavoro frontaliero attraverso la clausola di salvaguardia sottoscritta con le parti sociali per tutti coloro che hanno stipulato un rapporto di lavoro tra il 31/12/18 ed il 16/7/23. Un accordo sottoscritto con il proposito di “non un euro in più ai (vecchi) frontalieri non un euro in meno ai Comuni”, immediatamente tradito.
Di dubbia legittimità verosimilmente perché si porrebbe in contrasto con il principio di universalità del sistema sanitario nazionale garantito a tutti i cittadini italiani indipendentemente dalla propria condizione, nonché introdurrebbe un meccanismo di doppia imposizione proprio a valle di un trattato internazionale contro le doppie imposizioni sul modello adottato dai paesi OCSE.
Il mancato confronto si è manifestato anche in occasione dell’accordo sul Telelavoro tra Italia e Svizzera che, confermando l’applicazione dei benefici fiscali solo nei casi del 25% del tempo lavorato, mentre per quanto concerne la protezione sociale siamo al 50%, si pone molto distante dalle esigenze di lavoratori ed imprese che invece chiedono un cambio di passo.
Infine, poco tranquillizzanti sono anche le indicazioni che dalle scorse ore giungono dai lavori della commissione finanze di Camera e Senato rispetto allo schema di decreto legislativo della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale. L’ambiguità contenuta nel documento portato alla discussione della commissione, nell’obiettivo esplicitato di allargare la platea dei contribuenti IRPEF nella determinazione del reddito complessivo imponibile in relazione al luogo ed al tempo dove lo stesso viene generato, introduce il concetto di “frazione di giorno” ai fini della domiciliazione, della residenza e della conseguente tassazione. Una formulazione che appare ambigua e dagli effetti potenzialmente dirompenti sul lavoro transfrontaliero, per la quale chiediamo un chiarimento immediato.
Per affrontare le tante questioni aperte sul lavoro dei frontalieri italiani serve ricollocare la discussione nell’alveo corretto delle relazioni tra le parti, estremamente efficace nella lunga discussione sull’accordo fiscale, attraverso la convocazione immediata del tavolo interministeriale allo scopo costituito ed introdotto dalla legge 83/23.

In attesa di essere convocati Cgil, Cisl e Uil:
• Avvieranno una verifica di legittimità della norma introdotta dalla Legge di Bilancio 2024;
• Convocheranno, ove possibile unitamente ai CSIR interessati, assemblee dei lavoratori frontalieri nelle aeree di confine onde informare compiutamente gli interessanti.

 

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